Tra le figure piú interessanti e celebrate del Trecento francese, Guillaume de Machaut è stato un compositore e un letterato di prim’ordine; una prova della sua fama sono le innumerevoli fonti musicali attraverso le quali la sua opera è stata tramandata. La sua biografia, anch’essa testimoniata in maniera esemplare, lo vede percorrere quasi tutto il XIV secolo. Nato a Reims nel 1300, entrò nel 1323 a servizio del re di Boemia, Giovanni di Lussemburgo; eletto canonico nella cattedrale della sua città nel 1337, restò, dopo la morte di Giovanni, ancora legato ai Lussemburgo, prendendo servizio presso la figlia del defunto sovrano. Alla morte di quest’ultima, nel 1349, passò alla corte di Carlo II re di Navarra, mantenendo l’incarico sino alla fine dei suoi giorni, sopraggiunta nel 1377.
Rinomato in tutta Europa, le oltre 400 opere poetiche e musicali pervenuteci sono una formidabile dimostrazione di una vasta produzione, che ha toccato tutti i generi dell’Ars Nova: ballate—ne scrisse piú di 200—, mottetti, rondeaux, virelais, lais, complaintes, chants royaux, a cui si aggiunge la rinomata Messe de Notre Dame, che costituisce il primo esempio di un ciclo completo di messa polifonica ascrivibile a un solo autore. Nell’antologia Fortune’s Child, la quinta dedicata a questo compositore dal gruppo inglese The Orlando Consort, domina ancora una volta il tema dell’amore, decantato da Machaut in tutte le sue sfaccettature, quasi a ricreare un campionario psicologico delle pene e delle gioie dell’amante; il tutto vissuto in un contesto, quello dell’amore cortese, già mirabilmente sfruttato dai compositori provenzali e non solo. La citazione della Fortuna, evocata nel titolo della raccolta, vuole essere un richiamo al suo ruolo preponderante in tanta produzione poetica medievale, a cui lo stesso Machaut dedicò il suo poema liricomusicale Le remede de fortune, in cui la Speranza insegna all’amante come combattere appunto i capricci della Fortuna. L’antologia si apre con una deliziosa ballata, Gais et jolis, a tre voci, il cui soave stile melismatico si presta a decantare la gioia d’amore che l’amante prova a dispetto di ogni avversità. L’atmosfera cambia nel brano che segue, Dous amis oy mon complaint, ballata a due voci, dove è la disperazione piú buia a ispirare il lamento dell’amante.
Con un’alternanza di atmosfere e stili, alcuni brani si soffermano anche sul crudele ruolo giocato dalla Fortuna: è il caso del mottetto politestuale Helas! pour quoy virent /Corde mesto Libera me, su testo francese e latino, nel quale, accanto al lamento di chi ha perduto ogni speranza di rivedere la sua donna, il testo latino presenta un’invettiva contro la cattiva sorte. In altri brani, come Honte, paour, doubtance, è invece l’intento educativo a prevalere, con un invito a moderare i propri istinti davanti alla passioni d’amore. Offre un bellissimo ascolto anche un altro mottetto politestuale Hé! Mors!/ Fine Amour/Quare non sum mortuus, che tratta il tema della morte della propria amata; un brano dalla ricca testualità, che riprende il tema biblico tratto dal Libro di Giobbe. Notevole è l’interpretazione del The Orlando Consort, ensemble britannico composto da quattro voci maschili: il controtenore Matthew Venner, i tenori Mark Dobell e Angus Smith e il baritono Donald Greig. Specialiste del repertorio medievale al quale hanno dedicato decine di registrazioni di grande livello, le limpide voci del quartetto si uniscono in un equilibrato impasto sonoro che ripropone in maniera assolutamente convincente un repertorio di grande fascino, con un’interpretazione all’altezza della grande arte di Guillaume de Machaut.