Guido Alberto Fano (1875-1961) belongs to the so-called ‘Generazione dell’Ottanta’ (‘Generation of the Eighties’): a group of composers including Alfredo Casella, Giorgio Federico Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti and Ottorino Respighi. They are successors of the tenacious composer Giovanni Sgambati, who had the peculiar historical merit of recovering and renewing the tradition of Italian instrumental, chamber and symphonic music, which had been stifled for over a century. Starting in the second half of the eighteenth century, the prevalence of the widespread and productive melodrama industry, together with the distancing of Italian intellectuals and musicians from the radically innovative reflections that characterized Central European philosophy (Kant’s moral absolute, German idealism that found its most accomplished synthesis in Hegel), created an ever-deeper furrow. A sense of energy and fresh creative stimuli were lacking. Not a single Italian quartet, sonata or concerto from the nineteenth century bears favourable artistic comparison with the many similar European works of that period. It is essential to recognize this difference in quality in order to better understand the value of the feat accomplished by the Generazione dell’Ottanta.
A pianist and composer, a tireless musical organizer from a young age (and one curious about the European experiences of that fertile period), director of two conservatoires (Palermo and Parma), piano teacher, and pedagogue active in the renewal of didactics and in the then-pioneering study of Italian Renaissance and Baroque music, Fano suffered the horror of racial laws—more correctly defined as ‘racist’—promulgated in 1938 by the fascist regime. Today the Venetian Archivio Fano bears witness to and promotes the memory, both musical and social, of this protagonist of twentieth-century Italy.
from notes by Sandro Cappelletto © 2025
English: Michael Webb
Guido Alberto Fano (1875-1961) appartiene anagraficamente a pieno titolo alla cosiddetta Generazione dell’Ottanta; si indica e connota così un gruppo di autori—tra loro, Alfredo Casella, Giorgio Federico Ghedini, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti, Ottorino Respighi, tenacemente preceduti da Giovanni Sgambati—che ebbero il peculiare merito storico di recuperare e rinnovare la tradizione della musica strumentale, cameristica e sinfonica italiana, allora soffocata da oltre un secolo. A partire dalla seconda metà del Settecento, infatti, il prevalere della diffusa e produttiva industria del melodramma, assieme alla distanza degli intellettuali e dei musicisti italiani da quelle riflessioni radicalmente innovative che caratterizzarono la filosofia mitteleuropea (l’assoluto morale di Kant, l’idealismo tedesco che trovò la propria più compiuta sintesi in Hegel), crearono un solco sempre più profondo. Mancarono energie, stimoli nuovi e illuminanti. Non un solo quartetto, sonata, concerto dell’Ottocento italiano regge il confronto artistico con i tanti analoghi lavori europei dei quel periodo. E’ indispensabile riconoscere questa distanza per meglio comprendere il valore dell’impresa compiuta da quella Generazione.
Pianista e compositore, sin da ragazzo organizzatore musicale instancabile e curioso delle esperienze europee di quel periodo fertilissimo, direttore di Conservatorio, docente di pianoforte, attivo nel rinnovamento della didattica e nello studio, allora pioneristico, della musica italiana rinascimentale e barocca, Fano subì l’orrore delle leggi razziali—più corretto definirle «razziste»—promulgate nel 1938 dal regime fascista. Oggi, il veneziano Archivio Fano testimonia e promuove la memoria, musicale e civile, di questo protagonista del Novecento italiano.
Sandro Cappelletto © 2025